Risarcimento-per-assenza-del-dipendente

Decesso del dipendente e omessa sorveglianza sanitaria del datore

Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 13 ottobre 2025, n. 27316

Un operaio della Regione muore improvvisamente durante il servizio. I familiari chiedono il risarcimento sostenendo che la mancata sorveglianza sanitaria e l’omessa valutazione delle patologie preesistenti da parte del datore di lavoro abbiano contribuito al decesso. Il giudice respinge la richiesta, ritenendo assente il nesso causale tra le mansioni svolte e l’evento fatale.

I fatti

I familiari dell’operaio (dipendente della Regione) deceduto chiedono il riconoscimento del comportamento colposo del datore di lavoro, per omessa sorveglianza sanitaria, consistente nell’espletamento delle visite mediche d’idoneità fisica, in particolare prima dell’assunzione, adibendo la vittima a mansioni incompatibili con il suo stato di salute che avevano contribuito a causare la morte.

Il Tribunale rigetta la domanda evidenziando che non era stata fornita la prova della presenza di tali specifiche condizioni lavorative di pregiudizio in relazione alle mansioni svolte e, quindi, ritenendo la mancanza di prova del nesso di causalità tra l’evento e l’espletamento dell’attività lavorativa.

Anche la Corte di appello rigetta la domanda osservando in particolare: “la richiesta di consulenza tecnica giudiziale è inammissibile perché meramente esplorativa”. Tale richiesta, tuttavia, non è stata preceduta dalla allegazione (e conseguente richiesta di prova) che le mansioni svolte dalla vittima fossero da porsi in diretto rapporto eziologico con il decesso, demandando al CTU siffatto accertamento. La CTU non può sopperire alla carenza deduttiva e probatoria della parte”.

L’esame autoptico


Dall’esame autoptico disposto dalla Procura della Repubblica di Bari al fine di accertare la causa del decesso, e dalla CTP depositata dagli attori, era emerso che il lavoratore era affetto da una patologia polmonare cronica complicata da una patologia cardiaca cronica, senza però che potesse identificarsi la specifica ragione del decesso seguito al malore avuto dalla vittima. Il C.T.P. aveva precisato cheun soggetto affetto da siffatta patologia non può essere adibito a mansioni che comportino rischio chimico e biologico; rischio da inalazione del gas radon; rischio derivante dal lavoro in uno spazio confinato, ove non vi è sufficiente aerazione, sottolineando la necessità che il luogo di lavoro, prima che vi si acceda, sia sufficientemente ventilato. Il Perito, infine, riferiva di non meglio specificati pericoli per la salute derivanti da rumori e vibrazioni. Il consulente…, tuttavia le sue considerazioni risultano svolte sul piano meramente teorico senza, cioè, ricollegare le premesse allo specifico caso di specie, poiché in nessuna parte della sua perizia… risulterebbe un diretto nesso di causalità tra le mansioni espletate ed il decesso”.

In definitiva, è risultato escluso che l’espletamento di mansioni, sulla base delle prospettazioni tecnico-scientifiche del CTP attoreo, potessero essere pericolose per la salute, avendo accertato che in base alle allegazioni della Regione la vittima era adibita alla gestione delle prenotazioni dell’impianto, alla sottoscrizione delle bollette di utenza e ad attivare la pompa dell’impianto senza che ciò comportasse la discesa in pozzi.

Questo significa che la patologia della quale il lavoratore era affetto non lo avrebbe reso inidoneo al compimento delle specifiche mansioni a lui destinate, essendo risultato che, nel momento in cui si era verificato il sinistro, lavorava come guardiano presso un pozzo artesiano, e, nel mentre si trovava a dialogare con un collega di lavoro, improvvisamente aveva perso i sensi, cadendo all’indietro e battendo la nuca.

Tradotto il tutto in termini giuridici, non ha avuto incidenza l’omissione di visite mediche imputabile alla Regione datrice di lavoro, in quanto non era probabile che la discoperta delle patologie croniche avrebbe evitato il decesso, e non poteva ritenersi probabile che le mansioni cui era adibito (consistenti nella mera conduzione di un impianto irriguo, senza la necessità di curare la manutenzione dell’impianto, né di calarsi in pozzi o fessure di altro genere), avessero inciso, in tutto o in parte, sull’evento catastrofale morte.

L’intervento della Cassazione

La Corte di appello avrebbe errato non interpretando correttamente la domanda attorea, formulata nel senso del rapporto eziologico tra adibizione al lavoro in sé e patologia non rilevata per l’omissione delle prescritte visite, e non nel senso della relazione causale tra quella e specifiche mansioni; errata mancata ammissione di CTU medico-legale.

Le doglianze sono inammissibili. L’individuazione e l’interpretazione del contenuto della domanda sono riservate al Giudice di merito, restando sindacabili o per omesso esame rilevante ai fini motivazionali ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c. (Cass. 22/9/2023 n. 27181), qui precluso dalla doppia decisione conforme dei Giudici di merito, o come vizio di nullità processuale qualora l’inesatta rilevazione del contenuto della domanda determini un vizio attinente all’individuazione del petitum.

Venendo ora alla CTU, la Corte non ha negato l’espletamento della consulenza, per poi affermare che i fatti che con quella avrebbero potuto verificarsi non erano constatabili: ha diversamente affermato che dalle risultanze istruttore, in specie dall’esame autoptico e dalla CTP attorea, non emergevano elementi che giustificassero l’ulteriore indagine peritale, non essendovene alcuno per correlare le mansioni lavorative svolte con il malore che aveva d’improvviso portato al decesso. In mancanza di allegazioni specifiche in tal senso, e di risultanze anche minimamente pregnanti nello stesso senso, la CTU richiesta era meramente esplorativa e dunque inammissibile.

La motivazione della Corte di appello, senza alcuna contraddizione, ha escluso fosse emersa prova anche solo indiziaria della correlazione, probabilisticamente ricostruita secondo i criteri della responsabilità civile, tra mansioni in concreto praticate, non incompatibili con la patologia della vittima, e il decesso.

Il ricorso degli eredi della vittima viene rigettato integralmente.

Avv. Emanuela Foligno

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