Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 6 ottobre 2025, n. 26775
In un grave incidente stradale, una minore ha subito lesioni gravissime: la liquidazione del danno non patrimoniale e dell’invalidità permanente ha riconosciuto la personalizzazione massima, tenendo conto del grave danno estetico e delle conseguenze sulla vita quotidiana e relazionale della vittima. La misura standard del risarcimento può essere incrementata dal Giudice, con motivazione analitica e non stereotipata, solo in presenza di conseguenze anomale o del tutto peculiari.
I fatti
Il giorno 22 maggio 2009, presso Fanano di Gradara, si scontrava l’auto Lancia Ypsilon ed il motociclo Aprilia Habana, su cui era trasportata la minore, che riportava lesioni gravissime.
Il genitore della danneggiata (peraltro conducente della moto) chiedeva il risarcimento dei danni derivanti dal sinistro. Il Tribunale di Pesaro (sent. 767/2015) accertava la esclusiva responsabilità dell’evento in capo al conducente della Lancia e risarciva solo la minore.
La Corte d’Appello di Ancona, confermato il resto, condanna il conducente della Lancia e la rispettiva assicurazione al risarcimento del danno non patrimoniale da invalidità permanente in favore della bambina, mediante pagamento della somma di Euro 886.998,75, e del danno futuro per protesi dentarie di Euro 44.800,00.
L’intervento della Cassazione
I ricorrenti lamentano il mancato riconoscimento di una concorrente responsabilità in base alla presunzione di cui all’art. 2054, 2 comma, c.c. Quanto censurato è fondato.
“In tema di responsabilità civile da sinistro stradale, l’accertamento in concreto di una condotta di guida gravemente colposa da parte di uno dei conducenti coinvolti solleva l’altro dall’onere di vincere la presunzione di pari responsabilità solo quando la colpa concreta dell’uno sia stata tale da rendere teoricamente impossibile qualunque manovra salvifica da parte dell’altro”, conseguentemente non è possibile attribuire l’intera responsabilità ad uno solo dei conducenti ove non sia possibile stabilire in concreto se l’altro abbia avuto la possibilità, almeno teorica, di evitare la collisione.
Dove la Corte di appello motiva “la ritenuta prossimità dei due mezzi al momento dell’inizio della svolta a sinistra e la mancanza di tracce di frenata dei due conducenti fa ritenere che la manovra sia stata adottata in maniera repentina ed allorquando i due mezzi si trovavano a distanza ravvicinata fra loro, per cui l’elemento velocità, ancorché non adeguata ai luoghi, non avrebbe in ogni caso consentito alla Lancia di arrestare la marcia o di adottare altre manovre idonee ad evitare l’impatto… confermata la pronuncia di primo grado quanto alla accertata esclusiva responsabilità“. Orbene, la motivazione della Corte di appello viola i suindicati principi.
Danno non patrimoniale per la minore
Nel liquidare il danno non patrimoniale a favore della bambina, il Tribunale aveva riconosciuto il danno biologico e lo aveva liquidato in Euro 709.599,00; aveva riconosciuto la personalizzazione e l’aveva liquidata in Euro 177.399,75. Aveva infine riconosciuto una ulteriore voce risarcitoria, che aveva ritenuto di denominare danno non patrimoniale aggiuntivo e l’aveva liquidata in Euro 354.799,50.
Al riguardo la Corte di appello: a) ha affermato che “la gravità dell’invalidità permanente risulta evidente in ragione del gradiente di invalidità accertato, la massima personalizzazione applicata dal primo Giudice con riferimento a quanto previsto dalle tabelle e l’ulteriore aumento, oltre il massimo tabellare, stabilito attraverso il riconoscimento di un ulteriore importo pari alla personalizzazione così riconosciuta, trovano certamente fondamento negli elementi già indicati in primo grado e, in particolare, nel “rilevantissimo danno estetico” accertato dal CTU oltre che “nel rilevantissimo danno alla vita di relazione” in ragione della menomazione “disrelazionale” maggiore costituita dalla amputazione a cui si aggiungono le residue menomazioni “disrelazionali” minori rappresentate dagli esiti delle fratture del bacino e dall’insufficienza venosa dell’arto inferiore sinistro (a causa dell’asportazione della safena trapiantata nell’arto destro nel tentativo di recuperarlo ed evitare l’amputazione), e ciò ancor più perché occorso in una bambina e pertanto in una persona in cui un danno relazionale di tale entità può risultare limitativo e finanche ostativo nei confronti di varie possibilità di proiezione futura della propria personalità, quale la stessa formazione di una famiglia, oltre che la rinuncia ad alcune attività quale quella praticata dalla minore della pallavolo”; b in riferimento al predetto importo liquidato per aumento di “personalizzazione”, “l’importo così riconosciuto risulta satisfattivo della ulteriore voce di “danno non patrimoniale aggiuntivo” per Euro 354.799,50 in ragione della particolare incidenza del danno morale sicché, in accoglimento della doglianza in esame, la sentenza di primo grado va in tale parte parzialmente riformata”.
La motivazione sopra riportata non lascia comprendere l’iter logico-giuridico seguito dai Giudici. Siamo di fronte a una motivazione apparente che sussiste quando non renda percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento ovvero, in quanto carente del giudizio di fatto, si basi su affermazioni generali ed astratte, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture.
Il danno biologico è un danno avente base organica
Al riguardo la S.C. osserva che il danno biologico è un danno avente base organica, che consiste in alterazioni funzionali dell’organismo suscettibili di essere documentate da rilievo medicolegali e si traduce in un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, diversamente, il danno morale è un pregiudizio non soggetto a riscontri medici, inerendo ad una sofferenza che si dispiega nel foro interno del danneggiato e che ivi si arresta. Il danno morale, infatti, consiste in uno stato d’animo di sofferenza interiore che prescinde dalle vicende dinamico relazionali della vita del danneggiato – che, tuttavia, può pure influenzare – e si caratterizza, fenomenologicamente, in esperienze soggettive come il dolore dell’animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione.
Il danno morale deve formare oggetto di separata valutazione ed autonoma liquidazione
Ne deriva che il danno morale deve formare oggetto di separata valutazione ed autonoma liquidazione rispetto al danno biologico in quanto, nella liquidazione dell’importo complessivo del risarcimento, è necessario assicurare l’integralità del risarcimento, avendo riguardo a tutti gli aspetti non patrimoniali e reddituali su cui incide l’illecito, senza, però, incorrere in duplicazioni risarcitorie.
Venendo al caso concreto, viene data continuità all’indirizzo secondo cui “In tema di danno non patrimoniale da lesione della salute, la misura standard del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato negli uffici giudiziari di merito (nella specie, le tabelle milanesi) può essere incrementata dal Giudice, con motivazione analitica e non stereotipata, solo in presenza di conseguenze anomale o del tutto peculiari (tempestivamente allegate e provate dal danneggiato), mentre le conseguenze ordinariamente derivanti da pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età non giustificano alcuna personalizzazione in aumento.
È proprio relativamente alle voci di danno risarcibili, tra loro differenti, che la Corte di appello avrebbe dovuto argomentare, assolvendo ad un preciso onere motivazionale, che deve essere orientato a dare evidenza alla fenomenologia dei pregiudizi patiti dal danneggiato – e che, in quanto tale, risponde ad una funzione essenziale, soprattutto in considerazione del fatto che, come detto, la liquidazione di una tipologia di danno non esclude l’altra, ben potendo esse coesistere. I Giudici di appello, invece, hanno omesso di considerare questa voce risarcitoria, salvo menzionarla nell’inciso “in ragione della particolare incidenza del danno morale”, che tuttavia, nel contesto della motivazione resa, non assume alcun logico significato.
La sentenza viene cassata e rinviata al secondo grado che dovrà riconsiderare danno e responsabilità.
Avv. Emanuela Foligno